miércoles, 31 de diciembre de 2008

Lucio Battisti. Pensieri e parole

Auguri!!


L'usanza più caratteristica come rito di eliminazione del male, fisico e morale, accumulatesi nell'anno trascorso, è lanciare i cocci a mezzanotte. L'usanza è variamente diffusa in Italia, ed è ancora viva in grandi città come Roma e Napoli. Ai cocci rotti, poi, si accompagnano gli spari, col duplice significato di cacciare gli spiriti maligni, e di esprimere allegria: quest'ultimo significato ha assunto un ruolo prevalente nella coscienza popolare, durante gli ultimi anni. All'inizio dell'anno, queste tradizioni hanno soprattutto l’obiettivo di assicurarsi l'abbondanza, il benessere e la felicità per l’intero anno. Ciò si ricerca anzitutto attraverso la scelta dei cibi e dei dolci, tipici di quel giorno. La minestra di lenticchie, l'uva passa, secondo la tradizione popolare portano soldi. Un altro elemento propiziatorio è dato dalle strenne: ricevere molti regali, accumulerà l'abbondanza per tutto l'anno. L'uso presso i romani si chiamava “streniarum commercium”.

In varie regioni, durante la notte di Capodanno, gruppi di giovani vanno per le strade a cantare la “strenna”, con gli auguri di un felice anno nuovo e la richiesta di doni. Così fanno i ragazzi nel Veronese:

“Bon dì, bon ano, bon capo d'ano;
le bone feste le bone minestre;
na roca de cana, la padrona la stoga sana:
a Natal un bei porzèl, a Pasqua un bei aenèi;
un granar carco de tormento e formenton,
una canova de vin bon,
una borsa d'oro e n'antra d'argento:
caro paron, feme la bona man, che mi son contento”.

Inoltre: sempre per questa festa, vengono rievocati i prodigi. A Pettorano sul Gizio, in Abruzzo, vi è la credenza che, nel preciso momento in cui scocca la mezzanotte di Capodanno, l'acqua del fiume si arresti e diventi d’oro, e subito dopo torni a scorrere come prima. Una donna ignara del prodigio, si trovò ad attingere proprio in quell'attimo e invece dell'acqua portò a casa la conca piena d'oro. Tra i pronostici, è importante notare la prima persona che incontreremo per strada. È di buon augurio incontrare un vecchio o un gobbo, mentre se si incontrerà un bambino o un prete si avrà disgrazia. La ragione di queste credenze è nel principio dell'analogia: il vecchio, vuoi dire che vivremo a lungo; il gobbo, porta bene sempre, tanto più nel giorno in cui tutte le forze hanno il massimo potere: così in Piemonte porta fortuna incontrare un carro di fieno o un cavallo bianco.

In Romagna, nella ricorrenza del Capodanno, si ha il principio dell'analogia e del contrasto in Romagna, dove i contadini dicono che “bisogna fare un poco di tutti i lavori perché cosi vanno a riuscire tutti bene”.

Nell'Abruzzo, invece: sono le donne che danno inizio a quante più faccende è possibile fare. In altre regioni, il primo dell'anno deve trascorrere in riposo, altrimenti ci si affannerà per tutto l'anno. Un'altra diffusa credenza è quella delle “calende”, per la quale si ritiene che dal tempo che farà nei primi dodici giorni dell'anno si possa prevedere quello che farà nei dodici mesi.
Ragazzi, tanti auguri di un 2009 felice!! Non mi va di rifarmi alle formule standard, buone per tutti. E allora il mio augurio, il nostro augurio, vorrebbe raggiungere uno a uno ciascuno di voi, cari amici, che ci premiate con la vostra fedeltà. E' stato bello conoscervi. Un bacio a tutti i blogger. Alberto

domingo, 28 de diciembre de 2008

Tradizioni di Natale V: Il Capodanno.

Anno nuovo, vita nuova. Per salutare l’anno vecchio che se ne va e per festeggiare 12 nuovi mesi che arrivano, ci sono tante tradizioni, che ormai si tramandano da anni. Speranza, fortuna, abbondanza, amore, serenità… piccoli gesti e riti scaramantici che strizzano l’occhio alla fortuna.

1. Lenticchie: in Italia, che cenone è, se non ci sono le lenticchie? Da Nord a Sud della Penisola, su ogni tavola arriva un piatto ricco di piccoli legumi. La lenticchia, già in epoca romana, simboleggiava l’abbondanza, il denaro. Ogni lenticchia è una moneta, quindi più ne mangeremo e più soldi avremo!
2. Zampone e cotechino: la carne di maiale è sicuramente tra le più nutrienti, proprio per questo, lo zampone e il cotechino sono divenute il simbolo dell’abbondanza. Mangiare queste due pietanze a capodanno promette un anno ricco e fortunato. Ah! ...e in Sicilia si usa mangiare il pesce.
3. Uva e frutta secca: "chi mangia l'uva per Capodanno conta i quattrini tutto l'anno", così recita un antico proverbio. Questo perché cogliere l’uva nel periodo invernale significava avere avuto un raccolto ricco.
4. Il prete e l'alto. Dopo mezzanotte: fate entrare in casa un prete o un uomo molto alto dai capelli neri. Porterà fortuna alla vostra abitazione per tutto il nuovo anno.
5. Vischio: la notte di capodanno, appendere del vischio sulle porte, allontanerà gli spiriti maligni dalla vostra casa. La tradizione arriva direttamente da antichi credenze tramandate dai Druidi. Ah! e baciarsi sotto il vischio, ovviamente!!!!
6. Contro gli spiriti maligni: per allontanate gli spiriti maligni dalla vostra abitazione basterà aprire la finestra di una stanza buia poco prima della mezzanotte. Non dimenticate di aprirne un’altra, ma questa volta di una stanza illuminata: accoglierete gli spiriti del bene. Almeno così recita la tradizione.
7. Primo dell’anno: l’anno nuovo è arrivato e se uscite di casa non fatelo mai con le tasche vuote, ma con qualche soldo. L’usanza afferma che, così facendo, l’anno appena nato non sarà "magro".
8. Denaro: mai negare un prestito di denaro chiesto a Capodanno, il denaro prestato torna indietro centuplicato.
9. Nuovo/Vecchio: indossare un indumento nuovo e buttare qualcosa di vecchio.
10. Indossare intimo rosso: dicono porti bene.

jueves, 25 de diciembre de 2008

Sicily. Il profumo.



Dolce & Gabbana, Sicily, ritratto di Sicilia, passione, tradizione e simbolismo. Un profumo caratterizzato da note orientali e floreali di bergamotto di Sicilia, rosa, gelsomino e sandalo. Sicily...il profumo!

Tradizioni di Natale IV: la Befana


La Befana è, nell’immaginario collettivo, un mitico personaggio con l’aspetto da vecchia che porta doni ai bambini buoni la notte tra il 5 e il 6 gennaio, festa appunto dell'Epifania che segue il Natale e che commemora la visita dei Magi a Gesù.


La sua origine si perde nella notte dei tempi, discende da tradizioni magiche precristiane e, nella cultura popolare, si fonde con elementi folcloristici e cristiani: la Befana porta i doni in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Magi.


L’iconografia è fissa: un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate.


Si rifà al suo aspetto la filastrocca (la Befanata) che viene recitata in suo onore:


La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
col cappello alla romana
viva viva la Befana!


Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, a cavalcioni di una scopa, sotto il peso di un sacco stracolmo di giocattoli, cioccolatini e caramelle (sul cui fondo non manca mai anche una buona dose di cenere e carbone), passa sopra i tetti e calandosi dai camini riempie le calze lasciate appese dai bambini. Questi, da parte loro, preparano per la buona vecchia, in un piatto, un mandarino o un’arancia e un bicchiere di vino. Il mattino successivo insieme ai regali troveranno il pasto consumato e l’impronta della mano della Befana sulla cenere sparsa nel piatto.


Nella società contadina e preindustriale, salvo rari casi, i doni consistevano in caramelle, dolcetti, noci e mandarini, insieme a dosi più o meno consistenti (a insindacabile giudizio della Befana) di cenere e carbone, come punizione delle inevitabili marachelle dell’anno.La Befana, tradizione tipicamente italiana, non ancora soppiantata dalla figura “straniera” di Babbo Natale, rappresentava anche l’occasione per integrare il magro bilancio familiare di molti che, indossati i panni della Vecchia, quella notte tra il 5 il 6 gennaio, passavano di casa incasa ricevendo doni, perlopiù in natura, in cambio di un augurio e di un sorriso.


Oggi, se si indossano gli abiti della Befana, lo si fa per rimpossessarsi del suo ruolo; dispensatrice di regali e di piccole ramanzine per gli inevitabili capricci di tutti. Dopo un periodo in cui era stata relegata nel dimenticatoio, ora la Befana sta vivendo una seconda giovinezza, legata alla riscoperta e alla valorizzazione delle antiche radici e della più autentica identità culturale.

martes, 23 de diciembre de 2008

lunes, 22 de diciembre de 2008

Tradizioni di Natale III: l'agrifoglio.


Un piccolo orfanello viveva presso alcuni pastori quando gli angeli apparvero annunciando la lieta novella della nascita di Cristo.


Sulla via di Betlemme, il bimbo intrecciò una corona di rami d'alloro per il neonato, ma quando la pose davanti a Gesù, la corona gli sembrò così indegna che il pastorello si vergognò del suo dono e cominciò a piangere.


Allora Gesù toccò la corona, fece in modo che le sue foglie brillassero di un verde intenso e cambiò le lacrime dell'orfanello in bacche rosse.

SMS ricevuto sul mio telefonino.

Buon Natale a tutti i miei cari amici di Laredo. Ana

domingo, 21 de diciembre de 2008

René Magritte


The Palace of Curtains, II, Paris, 1928-29
MOMA NYC

Tradizioni di Natale II: Babbo Natale.


Nicola, nato in Turchia e divenuto vescovo di Myra, nell’Asia Minore, attorno al 350 d. C., divenne popolare per la sua bontà e carità. Intorno a lui, negli anni che seguirono la sua morte, si diffusero numerosissime leggende.

Una tra le più famose, confermata anche da Dante nel Purgatorio, è quella che racconta come Nicola, addolorato dal pianto e commosso dalle preghiere di un nobiluomo impossibilitato a sposare le sue tre figlie perché caduto in miseria, decise di intervenire lanciando per tre notti consecutive, attraverso una finestra, tre sacchi di monete come dote per le ragazze. La prima e la seconda notte le cose andarono come stabilito, ma la terza notte San Nicola trovò la finestra inspiegabilmente chiusa e decise di arrampicarsi sul tetto per gettare il sacchetto di monete attraverso il camino.

Quando morì, le spoglie del santo, o le presunte tali, vennero deposte a Myra fino al 1087. In quell'anno vennero trafugate da un gruppo di cavalieri italiani e portate a Bari, dove sono tuttora conservate, e di cui San Nicola è divenuto il santo protettore.

Dal Medioevo in poi la figura di San Nicola, il santo generoso, assunse diversi nomi e fisionomie nei vari paesi europei: Father Christmas in Inghilterra, Julenisse in Scandinavia, Saint Nicolas in Svizzera, Père Noël in Francia, SinterKlaas in Olanda. I protestanti, dopo la Riforma, gli affidarono la missione di portare regali ai bambini, però gli tolsero i paramenti solenni da vescovo, troppo vicini alle raffigurazioni dei Cattolici.

Gli uomini non cambiano

Tradizioni di Natale: la corona d'Avvento.


L'uso della Corona d'Avvento è da collegarsi ad un'antica consuetudine germanico-precristiana, derivata dai riti pagani della luce, che si celebravano del mese di Yule (dicembre).

Nel XVI secolo si diffuse tra i cristiani divenendo un simbolo di questo periodo che precede il Natale.

La Corona d'Avvento è un cerchio realizzato con foglie di alloro o rametti di abete (il loro colore verde simboleggia la speranza, la vita) con quattro ceri.

Durante il Tempo di Avvento (quattro settimane) ogni domenica si accende un cero. Secondo una tradizione, ogni cero ha un suo significato: c'è il cero dei profeti, il cero di Betlemme, quello dei pastori e quello degli angeli. La corona può venire appoggiata su un ripiano o appesa al lampadario.

sábado, 20 de diciembre de 2008

sábado, 13 de diciembre de 2008

Felice Anno Nuovo


La leggenda del Pandoro di Verona.


Il nome pandoro descrive il colore, il giallo oro, conferito all’impasto leggero e soffice dalle uova.
Il dolce natalizio per eccellenza ha un sapore molto delicato e leggermente profumato di vaniglia.
La fonte più antica lo fa risalire al primo secolo dopo Cristo, ai tempi di Plinio: in essa si cita un pane preparato con fior di farina, burro e olio.
Qualcuno ne fa risalire la nascita nella Repubblica Veneta del ‘500, quando si servivano, nelle ricche tavole, dolci di forma conica, ricoperti da foglie d’oro, chiamati Pan de Oro.
Secondo altri l’origine deriva da un antico dolce, a forma di stella, che i veronesi consumavano a Natale: il nadalin.
La versione più recente sull’origine del pandoro lo lega alla Casa Reale degli Asburgo: fin dal ‘700-’800 erano note le due tecniche del croissant e del Pane di Vienna, le quali sono rimaste alla base della preparazione del pandoro.
Per i veronesi l’ offella non è il biscotto secco, come accade nel Milanese e nel Pavese, bensì un dolce sontuoso di grande tradizione, che ha il suo centro di maggior produzione a Bovolone, operosa contrada del Basso Veronese, verso Rovigo. Nella zona di Bovolone la bottega del pasticciere si chiama appunto offelleria.
Inizialmente caratteristico dolce natalizio, l’offella viene preparato adesso tutto l’anno.
È un soffice e profumato pane dolce lievitato ricco di burro, appena coperto da una glassa croccante di zucchero. Di tradizione antica, si potrebbe considerare l’antenato ufficiale del pandoro, il quale ha varcato i confini di Verona ed è entrato nell’industria dolciaria italiana.
Alla fine dell’800 era in atto una contesa per aggiudicarsi il merito di fare il pandoro più buono, tanto che nel 1984 il panettiere Domenico Melegatti pensò di brevettarlo. Nel 1933, Ruggero Bauli iniziò i primi esperimenti per migliorare il suo pandoro.

La leggenda del Panettone.


Si narra che alla vigilia di Natale, nella corte del Duca Ludovico il Moro, Signore di Milano, si tenne un gran pranzo. Per quell’occasione il capo della cucina aveva predisposto un dolce particolare, degno di chiudere con successo il fastoso banchetto. Accortosi che il dolce era bruciato durante la cottura, il panico colse l'intera cucina. Per rimediare alla mancanza, uno sguattero della cucina, detto Toni, propose un dolce che aveva preparato per sé, usando degli ingredienti che aveva trovato a disposizione tra gli avanzi della precedente preparazione. Il capo cuoco, non avendo altro da scegliere, decise di rischiare il tutto per tutto, servendo l'unico dolce che aveva a disposizione. Un "pane dolce" inconsueto fu presentato agli invitati del Duca, profumato di frutta candita e burro, con una cupola ben brunita, fu accolto da fragorosi applausi e, in un istante, andò a ruba. Un coro di lodi si levò unanime e gli ospiti chiesero al padrone di conoscere il nome e l’autore di questo straordinario pane dolce. Toni si fece avanti dicendo di non avergli ancora dato nessun nome. Il Duca allora lo battezzò con il nome del suo creatore e da quel momento tutti mangiano e festeggiano con il "pan del Toni", ossia il panettone, famoso ormai in tutto il mondo. Molte ricette tradizionali vengono associate a storie simili, ma sicuramente questa e' la più bella.

miércoles, 3 de diciembre de 2008